ALCÀNTARA
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Smeralda serpe sprofondata nelle bave del Mostro. Ad incassarti tra
cattedrali d'arance provvidero i millenni stalagmiti. Era l'alba del
tempo, la quiete primigenia del pianeta, e tu esistevi. Esistevi,
linfa ghiaccio-lucente di cupe latomie. Mentre il Mostro,
emergendone, incendiava il deserto del Duemari.
Da
te, che erodevi sonni di basalti, i secoli operai sedimentarono il
Giardino degli Arabi; attraverso le tue Gole notturne, un réfolo di
primavera trasse a valle, dono del Mostro, una candida microstella:
il gelsomino.
Adesso,
tra anse e dirupi, ti inarchi, urli, canti, ti inviperi, ridi.
Contempli, geloso, i tuoi orrori. Più giù, placata la furia, ti
distendi a specchiare cieli trafitti da lame d'agavi, a confidare a
uno squarcio d'azzurro la nostalgia di una stupefatta eternità.
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