lunedì 9 novembre 2015

GIARRE



GIARRE Lasciando alle spalle l'orrido delle lave di Màscali, un profumo delicato ed esotico t'accoglie. La strada taglia in due la distesa dei limoneti, verde a perdita d'occhio. È il Giardino degli Arabi, che odora d'oriente e alla rugiada apre zàgare e gelsomini, doni di Allah.
Superato il pozzo di Ruggero, alla curva Giarre appare, d'un tratto. Distesa come un gigante sonnolento, la testa appoggiata alle falde dell'Etna e le gambe penzoloni alla frescura del mare. Qui sorgeva (forse) la “bella città”, la Kallipolis per sempre spofondata nel silenzio dei secoli.
Annusi l'aria, frughi disperamente nella memoria dell'infanzia. A volte un profumo obliato basta a tendere i sensi, a farti impazzire di tenerezza.
Se ascolti, da un balconcino schiuso una nenia araba ti stordirà; se guardi, la ragazza dalle trecce corvine ti fisserà con occhi di lepre mansa. È il profumo della zàgara che la induce a osare.

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